Buone notizie dal territorio

Manigolde, la moda che entra ed esce dal carcere

Al Sant'Anna un laboratorio sartoriale che ridona dignità e speranza alle detenute

Continua il nostro viaggio alla ricerca di buone notizie e all’insegna del giornalismo costruttivo. E la prima buona notizia è che ne stiamo trovando davvero tante!

Oggi facciamo tappa nel cuore del carcere Sant’Anna di Modena dove, dietro sbarre e muri, dove si nasconde una realtà vibrante di creatività e riscatto sociale. Parliamo del progetto Manigolde che, nato dalla collaborazione tra l’associazione Mani Tese e la sezione femminile dell’istituto penitenziario, è diventato un esempio di come la moda possa rappresentare uno strumento di inclusione, rieducazione e sostenibilità. Le detenute, insieme alle volontarie, trasformano stoffe e scarti tessili in capi di abbigliamento, borse e pochette, realizzando creazioni uniche e dal forte valore simbolico.

La rieducazione come pilastro della pena
Il terzo comma dell’articolo 27 della Costituzione italiana stabilisce chiaramente che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Questo principio, purtroppo, spesso si scontra con la dura realtà del sistema penitenziario italiano, caratterizzato dal sovraffollamento e dalla carenza di risorse. Tuttavia, esistono progetti virtuosi che riescono a dare concreta applicazione a questo dettato costituzionale, offrendo alle persone detenute opportunità di crescita e reinserimento sociale: Manigolde è uno di questi esempi positivi.

Un nome, un simbolo di rinascita
Il nome del progetto è un gioco di parole davvero ben riuscito: richiama il termine “manigoldo”, usato un tempo per indicare individui dediti ad attività illecite, ma al contempo integra la parola inglese “gold”, oro. Mani d’oro, dunque, che creano bellezza da materiali di scarto, ridando loro nuova vita, proprio come accade alle donne coinvolte nel progetto.

Dalla sartoria alle ‘luci della ribalta’
Il laboratorio sartoriale di Manigolde è riuscito a infrangere simbolicamente le barriere del carcere e si è presentato per la prima volta alla comunità, in occasione di una sfilata di moda organizzata lo scorso ottobre 2024. Un evento significativo che ha visto la partecipazione attiva di quasi tutte le detenute della sezione femminile del Sant’Anna, alcune come modelle, altre come spettatrici. Un momento di grande emozione che ha dimostrato come la creatività possa trasformarsi in strumento di libertà, anche laddove la libertà fisica è temporaneamente sospesa.

L’evoluzione del progetto: dal laboratorio alla formazione professionale
L’iniziativa ha preso avvio nel 2023 grazie alla sinergia tra Gaia Barbieri, coordinatrice di Mani Tese, e Nicoletta Saporito, responsabile dell’area educativa trattamentale del carcere. Inizialmente si trattava di un semplice laboratorio di tre ore settimanali. Tuttavia, grazie a un finanziamento ottenuto tramite un bando del Comune di Modena, il progetto si è trasformato in un vero e proprio tirocinio formativo per tre detenute. Oggi, volontarie e detenute lavorano insieme per circa 20 ore alla settimana, affinando tecniche sartoriali che potrebbero rappresentare un’opportunità concreta di reinserimento lavorativo una volta terminata la pena.

Moda e sostenibilità: un connubio vincente
Manigolde non si limita a offrire una prospettiva di riscatto sociale alle detenute, ma sposa anche un altro obiettivo fondamentale: la sostenibilità ambientale. Le creazioni sartoriali nascono infatti dal riutilizzo di tessuti e materiali di scarto, promuovendo un’economia circolare che valorizza il recupero e la riduzione degli sprechi. Un esempio emblematico è la collaborazione con l’Università Bicocca di Milano, che ha commissionato al laboratorio la produzione di 500 shopper, unendo così etica ed estetica in un’unica iniziativa.

Un’opportunità per ricostruire
La vita in carcere è scandita dall’attesa e dalla monotonia. Progetti come Manigolde offrono invece un’opportunità per riempire il tempo in modo produttivo, fornendo competenze concrete e alimentando un senso di appartenenza e autostima. Ogni creazione che esce dal laboratorio porta con sé una storia di rinascita, un piccolo tassello di un percorso di riscatto. Essere solidali con chi ha infranto le regole della convivenza civile non è affatto semplice, ma è fondamentale per ricostruire un tessuto sociale più inclusivo. Manigolde dimostra che il reinserimento è possibile e che il lavoro artigianale può diventare un ponte tra il dentro e il fuori, tra il passato e un futuro migliore.

Uno sguardo al futuro
L’auspicio è che progetti come questo possano moltiplicarsi, dando sempre più spazio a iniziative che coniugano giustizia, dignità e opportunità. Manigolde è un piccolo laboratorio, ma rappresenta un grande esempio di come la moda possa essere molto più di un semplice accessorio: può diventare un mezzo per ricucire vite spezzate e offrire nuove possibilità a chi, un giorno, lascerà il carcere e tornerà in libertà.

Suggerimenti per approfondire:
https://www.associazioneperlarsi.it/progetti/manigolde
https://manigolde.it/home
https://www.manitesefinale.it/manigolde-sartoria-circolare/

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